Le Dolomiti sognano le Olimpiadi invernali del 2026

Si sta lavorando a un asse fra Trento, Bolzano e Belluno per l’edizione dei Giochi

Le Dolomiti sognano le Olimpiadi invernali del 2026

Gli impianti ci sono già e non servirebbe neppure un villaggio olimpico, vista la tradizione turistica e la disponibilità di strutture in zona. Da Bolzano, passando per Trento e arrivando a Cortina, le Dolomiti sognano le Olimpiadi. L’edizione in palio è quella invernale del 2026, due anni dopo rispetto a quella di Parigi a cui poteva essere candidata anche Roma, prima del rifiuto dell’amministrazione Raggi.

Trento, Bolzano e Belluno
Da anni si discute di un possibile asse transfrontaliero che possa unire nella candidatura per il 2026 Trento, Bolzano e Innsbruck. Nel giorno delle elezioni austriache, in Tirolo si è votato anche per un referendum proprio sull’Olimpiade. I tirolesi si sono però dichiarati contrari: il “no” ha prevalso con il 53,35% dei voti.

Dalla parte italiana non c’è stato un passo indietro, anzi. Trento ha rilanciato l’idea, guardando per la candidatura non solo a Bolzano ma anche alla provincia di Belluno e a Cortina in particolare. Insomma, immaginando una suggestiva Olimpiade delle Dolomiti.

La notizia, riferita dai giornali locali, è stata confermata a La Stampa da Tiziano Mellarini, assessore trentino allo sport: «È un’idea stupenda – dice Mellarini – e in questi giorni sto ricevendo solo riscontri positivi. Ne ho parlato con Flavio Roda, presidente dalla Fisi (la Federazione italiana sport invernali, ndr) e l’ho trovato entusiasta».

Nessuna “cattedrale nel deserto”
Il Trentino ha già fatto degli investimenti per gli impianti nel 2013, in occasione dei mondiali di sci nordico in val di Fiemme. Lo stesso discorso vale per Belluno, dato che a Cortina nel 2021 si terranno i mondiali di sci alpino. Anche a Bolzano ci sono impianti all’avanguardia, soprattutto per l’hockey. «Per questo siamo già pronti, non abbiamo bisogno di grossi investimenti – assicura Mellarini -. Vista la nostra tradizione nella ricettività non avremmo neppure bisogno di un villaggio olimpico». Gli atleti starebbero negli alberghi.

Insomma, nessuna “cattedrale nel deserto”. Nessun relitto da abbandonare alla fine dei Giochi. «Niente cemento armato, semmai utilizzeremmo il legno dei nostri boschi per strutture che poi verrebbero smontate alla fine della manifestazione e destinate ai Paesi del Terzo mondo per raggiungere anche l’obiettivo della solidarietà», spiega Mellarini.

In attesa del nuovo Governo
Per ufficializzare la candidatura non basta il volere degli enti locali, serve anche l’appoggio di Coni e Governo. In altre parole, se ne parlerà semmai dopo le elezioni politiche. Anche perché sul tavolo ci potrebbe essere un’altra candidatura italiana: quella dell’asse Milano-Valtellina-Torino (vent’anni dopo le Olimpiadi torinesi del 2006). «Ci stiamo lavorando», ha confermato nei giorni scorsi Roberto Maroni, presidente della Lombardia. Sarebbe un inedito derby fra nord-ovest e nord-est del nostro Paese.

Altre candidature all’estero sono in uno stato più avanzato. È il caso della cittadina svizzera Sion. Nei giorni scorsi ha ottenuto l’appoggio del Consiglio federale che ha stanziato per la causa quasi un miliardo di franchi (oltre 860 milioni di euro). Punta alle Olimpiadi del 2026 anche la statunitense Salt Lake City, dopo averle ospitate nel 2002. Le candidature dovranno essere ufficializzate entro fine 2018. L’assegnazione sarà invece nel 2019 nella prossima riunione del Comitato olimpico internazionale che si terrà proprio in Italia, a Milano.

Articolo scritto per la Stampa – 20-10-17

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