«Trent’anni fa dicevamo che il fantasma di Sherlock Holmes girava per Firenze. Oggi diremmo che è vivo in mezzo a noi». Marco Grassi è il presidente di Uno studio in Holmes, sezione dei Baker Street Irregulars di New York. È l’unica associazione italiana che unisce gli appassionati dei libri di Arthur Conan Doyle. Da oggi, 8 settembre, fino a domenica 10, festeggia nel capoluogo toscano i trent’anni della sua fondazione. Lo fa con convegni e incontri d’approfondimento, e – domenica mattina – con una marcia in costume, naturalmente ispirata alla Londra vittoriana.
«Quello che ci affascina è l’atmosfera dei racconti: le nebbie di Londra. E poi la presenza dei misteri che sono all’apparenza sovrannaturali, ma che poi vengono svelati grazie alla logica e alla deduzione», spiega Grassi. Un mito che sempre più cattura pure i giovanissimi, anche grazie alla serie televisiva prodotta dal 2010 dalla Bbc e interpretata da Benedict Cumberbatch. «I puristi preferiscono le serie classiche, quelle più fedeli ai libri. La Bbc ha comunque avuto il merito riprendere i racconti di Doyle, ovviamente adattandoli. Riuscendo così a interessare le nuove generazioni».
L’associazione degli “sherlockiani” italiani ha oggi fra i 400 e i 600 iscritti, compreso il collezionista Gabriele Mazzoni. Mazzoni è terzo al mondo per il numero di oggetti raccolti, ma è anche il privato con la collezione più ampia, con circa 25 mila pezzi: libri, diapositive, modellini, dischi, tutti legati all’investigatore.
Anche Umberto Eco è stato fra i più illustri ammiratori di Doyle. Uno dei personaggi principali de “Il nome della Rosa”, il frate Guglielmo da Baskerville è chiaramente ispirato a Sherlock Holmes. Già nel nome, dato che “Il cane dei Baskerville” è uno dei romanzi più noti di Doyle. La passione per l’investigatore è una cosa serissima: coinvolge anche accademici, impegnati a riscoprire i lati più nascosti del mito. Alimentando costantemente una vasta produzione saggistica. Tenendo ben presenti i falsi miti da superare. «Nei libri per esempio Sherlock Holmes non ha mai detto “elementare Watson”: è un’espressione che si è diffusa solo con le prime trasposizioni teatrali. E così non aveva neppure il cappello da cacciatore, la mantellina, o la pipa calabash», spiega Grassi. «Sono tutte immagini successive».
Gli “sherlockiani” di tutto il mondo si divertono poi con quello che chiamano ironicamente “il gioco”. «Partiamo da una teoria: quella che Sherlock Holmes sia esistito veramente e che il personaggio inventato sia semmai Arthur Conan Doyle – dice Grassi –. Cerchiamo indizi nei libri e nella realtà che possano confermare questa teoria: ci divertiamo molto quando qualcuno ci casca e finisce col crederci». Sherlock Holmes è oggi più vivo che mai: lo è anche nelle pagine di una galassia di scrittori apocrifi che riprendono personaggio e atmosfere, dando vita a nuovi episodi di un’epopea senza fine. La qualità è ovviamente variabile, ma ci sono anche scrittori professionisti che si sono dedicati a questo filone. Persino Stephen King ha scritto un racconto con Holmes come protagonista.
Sherlock Holmes, così come trent’anni fa, torna in questi giorni a passeggiare per Firenze. Con lui ovviamente c’è l’inseparabile dottor Watson. «Il valore morale delle storie di Doyle è nell’amicizia fra questi due personaggi – conclude Grassi –. È questo che vogliamo portare anche nella nostra associazione. Vogliamo condividere una passione, mettendo in campo quello che ognuno di noi può offrire».
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