La nazionale italiana degli hacker quinta al mondiale di cybersecurity

La nazionale italiana degli hacker quinta al mondiale di cybersecurity

Se ci fosse una classifica per i nomi più originali, probabilmente avrebbero vinto. I “mHackeroni” sono una sorta di nazionale italiana di hacker etici. Nei giorni scorsi sono arrivati quinti al mondiale di cybersecurity, al “Def Con” di Las Vegas.


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Un risultato straordinario, innanzitutto perché quella italiana è la squadra europea più alta in classifica. E poi perché gli hacker di casa nostra avevano rischiato di non riuscire a partecipare al mondiale per mancanza di fondi. I soldi li avevano poi racimolati grazie a una serie di eventi pubblici e con una raccolta online che aveva fruttato intorno ai 5.700 euro. Il resto lo hanno fatto gli sponsor.

Bisogna però sfatare un mito, difficile da combattere nell’immaginario comune. Di solito la parola “hacker” è associata a un significato negativo ed è sinonimo di crimini informatici: nulla di più lontano da questi giovani. Quasi tutti provengono dalle squadre italiane promosse da alcune fra le migliori università: dalla Ca’ Foscari di Venezia all’Università di Padova, da la Sapienza di Roma al Politecnico di Milano. In futuro, saranno probabilmente i professionisti che si occuperanno della sicurezza nelle aziende, in Italia o all’estero. O saranno ricercatori, specializzati in innovazione.

Al mondiale, ci si sfida per tre giorni a colpi di “attacchi informatici”, in cerca delle vulnerabilità delle squadre avversarie. Per la cronaca, la competizione è stata vinta dagli statunitensi “Plaid parliament of Pwning”, per il settimo anno consecutivo. Il quinto posto dei “mHackeroni” è il risultato migliore nella storia per l’Italia. Ma sarà anche il punto di partenza per dare più spazio, fuori e dentro le università, al talento di questi ragazzi?

Articolo scritto per il Trentino, 18 agosto 2019

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