«Il nostro Ramadan senza vita sociale E gli incontri ora sono in videoconferenza»

«Il nostro Ramadan senza vita sociale E gli incontri ora sono in videoconferenza»

TRENTO. È iniziato nei giorni scorsi il Ramadan, il mese sacro per i musulmani: per la prima volta in quarantena. Nel mondo, non ci saranno le preghiere collettive in moschea. Non ci saranno i mercati affollati in attesa della notte. E soprattutto non ci sarà l’iftar, la cena collettiva che – dopo il tramonto – riuniva le famiglie, anche fra parenti che di solito sono lontani. Anche in Trentino, l’imam Aboulkheir Breigheche spiega che quest’anno sarà tutto diverso.

Breigheche, dunque che Ramadan sarà questo per i musulmani trentini?
Il Ramadan viene vissuto non solo dal punto di vista spirituale, ma anche sociale: e questo ultimo aspetto verrà a mancare. Con la situazione attuale non ci saranno alcune iniziative che facevamo tutti gli anni. E questo ci dispiace.

Ci può fare qualche esempio?
Penso al fatto di riunirci tutte le sere per la preghiera rituale. Era anche un momento per incontrarci, per chiederci come stavamo e per vederci all’interno della nostra comunità. Non sappiamo ancora se tutto questo potrà essere fatto entro la fine del Ramadan. Inoltre, ogni anno offrivamo un pasto caldo per la cena dopo il tramonto. Ci trovavamo in centinaia, soprattutto con chi non aveva la possibilità di prepararsi la cena in maniera autonoma. Ora stiamo studiando un modo per assicurare ai bisognosi comunque qualcosa di pronto per la cena, da consegnare a casa. Ci sono persone che digiunano e che poi sono in difficoltà a fine giornata.

Dal punto di vista spirituale, invece, cosa cambia? I cristiani si sono organizzati con le messe in streaming.
Anche noi, come tutti, stiamo imparando meglio come usare i mezzi di comunicazione. Negli ultimi tempi prima del Ramadan, ci siamo riuniti in videoconferenza, per quattro giorni a settimana, per prepararci su temi teologici.

Non c’è il rischio che venga meno il rispetto delle regole del distanziamento sociale, con l’organizzazione di riti collettivi?
Per questo siamo stati e rimarremo ad essere molto fiscali. Abbiamo da subito chiuso il nostro centro e tutte le attività. Siamo convinti che su questo aspetto dobbiamo essere estremisti, o quasi: non ci sarà nessuna attività al di fuori delle norme. Anche se questo dovesse significare vivere un Ramadan diverso per tutto il mese.

A proposito, secondo Lei c’è anche qualche aspetto positivo in questa situazione?
A livello nazionale abbiamo avviato una campagna proprio per convincere la gente che qualche lato positivo c’è. La campagna si chiama “la mia casa è una moschea”. Se non posso andare in moschea o nel centro islamico, posso praticare la mia religione in privato. Questo può essere vissuto come una ricompensa dal Signore: perché c’è la possibilità di esercitare la pazienza, di proteggere te stesso e gli altri.

Rispetterete il digiuno, nonostante questa situazione molto particolare?
Certo. Da questo punto di vista il nostro credo è molto chiaro: il digiuno è un obbligo religioso solo per coloro che possono farlo. Per la religione islamica alcune categorie sono già esonerate: come gli anziani, i bambini, le persone malate, le persone in viaggio e coloro che fanno lavori pesanti. Per le persone sane, il digiuno al contrario fa bene e rinforza il sistema immunitario.

Quali iniziative ha promosso la comunità islamica trentina in questo periodo?
In un primo momento abbiamo fatto un’informazione a tappeto per chiedere di donare il sangue, in collaborazione con Avis. Poi abbiamo partecipato alla raccolta fondi dell’azienda sanitaria per le terapie intensive. Infine, abbiamo raccolto alimenti a lunga scadenza sia per i musulmani sia per il resto della comunità trentina, anche per il banco alimentare.

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