Bullismo, la Polizia incontra le scuole. “Episodi anche a Urbino”

Tre ragazzi segnalati stamani al tribunale dei minori, prendevano a schiaffi i coetanei quando scendevano dall'autobus. Il dirigente Pineschi: "Il pericolo arriva anche dalla rete". Il consiglio è segnalare, sempre, parlarne ai genitori o agli insegnanti

Bullismo, la Polizia incontra le scuole. “Episodi anche a Urbino”

URBINO – “Come si fa a rendere buono un bullo?”, è una delle domande che gli alunni della scuola media Pascoli di Urbino hanno rivolto a <strong>Simone</strong> <strong>Pineschi</strong>, dirigente del Commissariato della Polizia. Pineschi ha tenuto una lezione a 170 studenti, perché il bullismo non è un fenomeno lontano e anche Urbino, ha sottolineato, ne è coinvolta. “Proprio questa mattina – spiega Pineschi al <em>Ducato</em> – ho firmato una segnalazione al tribunale dei minori. Alcuni bulli prendevano puntualmente in giro dei loro coetanei appena scendevano dall’autobus. E ci sono stati anche degli schiaffi”.

L’episodio è continuato per del tempo, finché una delle vittime ha trovato il coraggio di raccontarlo ai genitori. Il gruppo era formato da tre bulli, tutti minorenni. “I casi di bullismo non sono rari anche a Urbino, ne abbiamo affrontati un paio di recente”, conferma Pineschi. A volte la minaccia può arrivare anche dalla rete. “Abbiamo avuto il caso di una ragazza che era stata ricattata sui social network per delle foto nuda che aveva condiviso”.

Gli incontri nelle scuole partono proprio da episodi concreti, legati alla quotidianità dei ragazzi. “Prima di incontrarli – spiega Pineschi – raccogliamo delle domande per affrontare gli argomenti principali che stanno loro a cuore. Ci chiedono dei pericoli di Facebook, dei rischi di utilizzare certe app o di scaricare film da internet. Ma ci fanno anche domande più curiose: per esempio ci chiedono come si fa a redimere un bullo, come fare per renderlo buono”.

Chiedono poi cosa fare se si è vittima di bullismo e il consiglio è sempre lo stesso. Segnalare quanto accade, non tenersi tutto dentro: parlarne ai genitori o agli insegnanti. Nei casi più pericolosi anche alla polizia. “È per questo che entriamo nelle scuole – dice Pineschi – perché non abbiano timore delle forze dell’ordine. Anche se la divisa può mettere in soggezione, il nostro compito è di aiutarli”. Gli incontri continueranno sino a fine anno, sia in accordo con i dirigenti scolastici se si dovessero verificare particolari episodi di bullismo, sia come forma di prevenzione.

La mancanza di una cultura e di una ‘maturità’ digitale poi li rende più vulnerabili in rete, soprattutto sui social. “Alle scuole medie sono ancora piccoli e usano poco Facebook – conclude Pineschi – però è importante parlarne in un’ottica di prevenzione, per aumentare la consapevolezza digitale. Il cyberbullismo è subdolo, perché l’insidia non viene più dal compagno di scuola o dai coetanei, ma anche da molto lontano, persino da un’altra nazione”.

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