Tra i jihadisti delle Maldive. Altro che paradiso

Lontano dallo sguardo dei turisti c'è un paese distrutto da povertà e corruzione, dove si sogna la Siria. Lo racconta la giornalista Francesca Borri nel suo ultimo libro

Tra i jihadisti delle Maldive. Altro che paradiso

Dici “Maldive” e pensi al paradiso. Ai resort per i turisti, alle spiagge e al mare limpido. Perché «tutti conosciamo qualcuno che è stato alle Maldive». Quello che quasi sempre non sappiamo è che le Maldive sono un paese musulmano. Per di più sono anche il paese con il più alto numero pro capite di foreign fighters. Da qui partono i jihadisti che andranno a combattere in Siria, almeno in teoria contro Assad.

“Ma quale paradiso? Tra i jihadisti delle Maldive” è il nuovo libro di

Francesca Borri

Francesca Borri, freelance fra le più brave. È una giornalista italiana, lo scrivo con un po’ di orgoglio nazionale, anche se oggi vive perlopiù fra Siria e Iraq, Palestina e Israele. I suoi racconti sono sempre densi di umanità, forse perché le sue non sono le analisi fatte a tavolino dagli esperti di geopolitica: sono il racconto di ciò che succede davvero al fronte. Dove si respira l’odore acre del sangue, nessuno vive seguendo i pregiudizi, quelli che ci facciamo noi eletti per nascita. Che passiamo la nostra vita a specchiarci in uno schermo.

È così anche per le Maldive. Nome plurale non solo perché sono un insieme di isole. Ma anche perché esistono Maldive diverse. «Quali Maldive cerca? Le nostre o le vostre?», si sente chiedere Francesca Borri all’inizio del suo viaggio.


Forse l’aspetto più sorprendente del libro è che per capire davvero ciò che sta succedendo in Siria e in Iraq, e per capire tutta questa storia del cosiddetto islamismo politico, e quindi ciò che succede anche a Parigi, Berlino o Londra… ecco, per capire tutto questo, avere presente ciò che succede nelle Maldive – le vere Maldive – può essere un ottimo punto di partenza. «Ma davvero le Maldive sono un paese musulmano?», si chiedono i turisti.

Come spesso accade, più scopri di un Paese e di chi lo vive, più ti rendi conto che non è tutto così semplice come potrebbe sembrare. Sono jihadisti perché hanno una visione distorta dell’Islam? In parte sì, è vero. Ma in fondo l’Islam, la religione, forse non c’entra nulla. O forse è solo un pretesto. «Perché l’Islam qui è politica, non è religione. (…) Il problema non è l’Islam. Dietro all’Islam c’è sempre altro».

Dici “Maldive” e pensi all’inferno. Alle case diroccate di Male, ai clan e all’eroina. La corruzione. La sfrenata ricchezza del turismo, nelle mani di pochi, spesso stranieri. Il regime autoritario del presidente Gayoom. La sua interpretazione dell’Islam. I giudici poi, parte del sistema anche loro. Il machete conficcato nella porta della redazione di un giornale. La povertà. L’apatia. Le Maldive dove non c’è neanche lo spazio dove studiare. Le Maldive dove si può finire aggrediti o uccisi per delle idee. O semplicemente sparire nel nulla. Le Maldive di cui non si può parlare.


«(…) Tu non sai cosa significa davvero. O pensi di sapere cosa significa sudare tutta una vita (…) tutto il giorno, tutti i giorni, sempre, ed essere costretti a chiedere l’elemosina a un deputato per pagarti un medico? Con questi ricchi sfondati, in televisione, che dicono: Mi sono guadagnato tutto fino all’ultimo centesimo. Mi sono meritato tutto. Come se fossero stati più bravi di te. E invece sono solo stati più ladri». Partire per la Siria è sempre meglio che vivere alle Maldive.

Il libro di Francesca Borri è un esempio di giornalismo così come dovrebbe essere sempre. Fa sorridere, fa riflettere, emoziona e commuove. Ma soprattutto fa conoscere uno scampolo di verità, quello rimasto nascosto all’ombra dei resort. Lì dove i turisti non si avventurano. Lì dove un autista, un cameriere, un avvocato possono trovare una nuova ragione di vita. Diventando jihadisti.


IL LIBRO: Francesca Borri, Ma quale paradiso? Tra i jihadisti delle Maldive, Torino, Einaudi, 2017. 147 pagine. 16 euro

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