L’egittologa: “Ora ci aspettiamo anche altre scoperte”

La professoressa Giuseppina Capriotti Vittozzi commenta la notizia della nuova stanza trovata nella piramide di Cheope: “È importante l’uso di tecnologie avanzate”

L’egittologa: “Ora ci aspettiamo anche altre scoperte”

«L’aspetto più interessante è stata l’applicazione di nuove tecnologie avanzate all’archeologia, è una nuova strada che in futuro porterà ad altre scoperte ancora». La professoressa Giuseppina Capriotti Vittozzi risponde a la Stampa dal Cairo, dove è manager del centro archeologico italiano. Commenta così la notizia della scoperta di una nuova cavità nella piramide di Cheope.


Professoressa, che cosa significa questa scoperta per l’egittologia?  

«È importante innanzitutto perché le nuove tecnologie aprono a prospettive inedite nella ricerca storica e nell’archeologia. Il problema è che così riusciamo a individuare solo delle “anomalie”: c’è sempre bisogno di un riscontro, di una verifica sul campo per avere delle certezze scientifiche. In questo caso parliamo di una grande costruzione architettonica, bisognerà capire cosa il Ministero delle Antichità deciderà di fare, quali altre indagini saranno possibili. Non è semplice, non siamo su un terreno dove è possibile scavare, siamo all’interno di una struttura enorme e antica».


Allo stato attuale si possono fare delle ipotesi sulla funzione della cavità individuata dalle nuove ricerche?  

«No, è prematuro e sarebbe un azzardo: l’archeologia scientifica richiede dati precisi e solo poi si possono fare riflessioni e ipotesi. Questa scoperta dimostra però che di queste grandi costruzioni noi sappiamo ancora relativamente poco e già questo è interessante».


È forse anche per questo che l’Egitto antico continua ad affascinare?  

«Sicuramente, io credo che sia una delle civiltà più straordinarie dell’antichità. Il fascino dell’Egitto antico sta innanzitutto nel suo progresso, che non è solo tecnico ma anche sociale. Ma anche nel fatto che lo studio di questa civiltà ci porta continuamente a nuovi interrogativi. Sappiamo tanto, perché abbiamo una grande quantità di materiali archeologici e soprattutto possiamo studiare i testi scritti, ma sappiamo anche poco, perché ci sono ancora tante potenziali scoperte da fare».


E le nuove tecnologie possono dare una mano.  

«Certo, ogni volta che si applica una tecnologia avanzata a un monumento si avviano subito degli studi di metodo. Se questo è valido per la piramide di Cheope – uno dei monumenti più affascinanti e ancora poco conosciuti al suo interno -, lo stesso protocollo potrà essere applicato anche ad altri monumenti, come ad esempio la piramide di Chefren che è lì vicino».


Intervista realizzata per la Stampa, 2-11-17

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