L’impresa collettiva de l’Universitario

L’impresa collettiva de l’Universitario

Inizio consigliandovi un libro. Si chiama “Ma quale paradiso?”, lo ha scritto la freelance Francesca Borri. Parla delle Maldive e del fatto che siano un covo di jihadisti: sì, quelli che partono verso la Siria e combattono per Daesh, l’Isis. Lo avreste mai detto? Io no. E scommetto che molti di voi neppure immaginavano che le Maldive potessero essere un Paese musulmano. Colpa dell’idea distorta che ci siamo costruiti, noi occidentali che viviamo da eterni turisti. Ecco quello che fanno i veri giornalisti: partono da un’idea, da una suggestione, da un dubbio o semplicemente da una domanda. Non si accontentano della prima impressione, cercano di andare oltre: di soffiare via la polvere che si deposita sopra il nucleo fondante di ogni cosa, la storia, la notizia, le 5w. Per questo vi consiglio il libro di Francesca Borri: perché fra le pagine ci sono delle ottime lezioni di giornalismo. Mi perdonerete lo spoiler, ma una delle mie preferite sta nelle ultime pagine, quelle dei ringraziamenti: «Il giornalismo per me non è un’avventura individuale. Insieme, siamo più completi. E cioè più veri. Il giornalismo per me è un’impresa collettiva».

Guardando indietro a questi ultimi anni, adesso che scrivo l’ultimo editoriale da direttore di questo giornale, ecco, penso proprio a questo: l’Universitario è stato da subito, e continuerà a essere, un’impresa collettiva. Un insieme di tasselli, un puzzle costruito con il contributo di ogni persona che ha fatto parte di questa avventura. Questo spazio lo uso per ringraziare ognuno di voi: pinguini dell’Universitario, sono orgoglioso di ciò che avete costruito finora e curioso di vedere come evolverà.

Il nuovo direttore sarà Giuseppe Fin, che di fatto ha già lavorato al giornale che avete nelle mani. Sono sicuro che saprà guidarvi nei migliori dei modi. Perché ha anche lui una sfrenata passione per questo lavoro, un amore che va anni luce oltre a ciò che è la quotidianità di un mestiere. L’Universitario – come l’ambiente dove nasce e vive, l’Università e la città di Trento – è il posto giusto per sperimentare e fare del buon giornalismo.

Per chi di voi sogna di fare il giornalista di professione, vi consiglio davvero di sfruttare l’Universitario per mettervi alla prova, per buttarvi e vedere come va. Sappiamo tutti che è un periodo difficile per questo lavoro. Chi oggi vuole fare il giornalista deve affrontare una durissima selezione naturale, tonnellate di delusioni, un futuro incerto, una scandalosa precarietà: deve allenarsi per essere il più bravo. Per anni e anni, decenni, senza nessun ritorno economico. Ma volete mettere la soddisfazione di sentirsi parte di un’impresa collettiva? Se siete abbastanza folli da credere ai vostri sogni, contro ogni fottuto elemento razionale, contro ogni limite, con ogni forza umana: insomma, come fanno gli innamorati veri… allora sono convinto che prima o poi verrà anche il vostro momento. E forse un giorno direte: «sai, è iniziato tutto con “l’Universitario”».
Io ci spero ancora.

Editoriale pubblicato su l’Universitario, giornale degli Universitari di Trento – settembre 2017

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